Fabrizio Rizzotti vive nella Cascina Fornace, appena fuori Vespolate, a sud di Novara, dove i terrazzamenti risicolo-collinari, che rendono unico il territorio della bassa novarese, degradano lasciando definitivamente spazio alla pianura.

“La sorte mi ha portato su questi ultimi dossi”, dice Fabrizio, “appena oltre ci sono le aziende dei miei vicini, in pianura, molto più facili da gestire”. Intanto ci indica una riva alta 3 metri dove un grillotalpa ha scavato il suo piccolo tunnel sull’argine causando dapprima la fuoriuscita di un po’ d’acqua e poi durante la notte una voragine con la frana dell’argine stesso.

Ma la terra è argillosa, non per niente la cascina si chiama “Fornace”: si ottenevano ottimi mattoni. In questa terra non vengono bene molte colture, tranne il riso. Quindi Fabrizio, nonostante le difficoltà della gestione di questi sbalzi e di queste rive, tiene duro e continua con il cereale bianco tanto da farlo diventare una sua missione di vita.

Circa 20 anni fa decide di dotare l’azienda di una piccola riseria per poter vendere il prodotto dei suoi campi, cosa che normalmente i risicoltori non fanno. Tutt’oggi in tutto il novarese sono solo 3 le aziende agricole dotate di pileria aziendale! Lui ci dà dentro e passo dopo passo scopre che la lavorazione del riso non è soltanto l’ultimo banale passaggio dal campo al piatto ma è un’attività che richiede tutta l’attenzione e la passione di una vera arte. Che crivelli utilizzare, che sistema di sbiancatura scegliere, che tipo di investimento fare? Sono tutte domande che si è fatto ed a cui ha dovuto trovare risposte. La via iniziale delle macchine a basso costo è stata abbandonata. Tutto l’impianto è andato di anno in anno incontro a rivoluzioni e cambiamenti importanti fino a raggiungere il risultato attuale: “un impianto ancora migliorabile”, dice Fabrizio, “ma che mi permette di gestire partite piccole tenendo a bada la qualità!”.

Ormai nel suo impianto lavora il 70% del riso di terzi e solo per il 30% il suo riso. Molto spesso però gli agricoltori che gli chiedono di lavorare il riso non hanno alcuna conoscenza risiera e non sanno quindi che ottenere del riso bianco è una cosa e ottenere del buon riso bianco è un’altra cosa. Fabrizio però insiste con i suoi colleghi e amici, spiegando e dedicandosi ad un’attività di divulgazione e informazione che merita tutto l’apprezzamento del caso.

Dalla sua attenzione a tutti gli aspetti produttivi nasce l’idea di dotare l’azienda di un essiccatoio a scambiatore di calore in grado di bruciare pellet di lolla: nessun fumo a contatto col risone ed un sistema perfettamente sostenibile. In riseria poi la sostituzione dei vecchi sbramini con i più moderni Satake a controllo pneumatico della distanza dei rulli. Due nuove sbiancatrici tipo Amburgo sono state inserite in linea per svolgere un lavoro più morbido e attento sul granello in modo da eliminare bene la gemma e ridurre la formazione di microfessurazioni interne. Senza ombra di dubbio ci spiega che lo stesso riso lavorato con due macchine diverse fornisce due risultati diversi sia in tempi che in tenuta di cottura.

Il paddy, a movimento alternato in grado di separare meccanicamente il riso vestito da quello sbramato, attira l’attenzione di tutti tanto che Andrea Bernasconi ci spiega, con parole semplici ma scientifiche, il complesso meccanismo fisico che la genialità dell’uomo ha saputo sfruttare in questa macchina, che è al contempo attrezzo di lavoro e piccola opera d’arte.

Il padre di Andrea, mediatore ed esperto di mercato del riso, vive a Tornaco e nel 2014 ha avuto l’idea di riscoprire un riso nobile e storico che a Novara era considerato il riso della domenica: Razza 77. Nato nel 1938 dall’incrocio tra Lady Wright X Greppi, il Razza 77 ha avuto un grande sviluppo negli anni immediatamente successivi per poi essere abbandonato con l’arrivo di varietà più basse e più produttive. Dall’incrocio tra Razza 77 e Balilla nacque nel 1962 il Roma, che in pratica lo soppiantò. La qualità del Razza 77 andò però persa e il lavoro di 3 pionieri, appunto Bernasconi, Nai Oleari e Rizzotti, lo hanno riportato in auge depositandolo ufficilamente nel Registro Nazionale della varietà da Conservazione (13Novembre 2017). Quest’anno saranno 5 le aziende che lo coltiveranno.

“La trovata geniale”, dice Fabrizio “non è stata solo la riscoperta del riso Razza 77, bensì la volontà di legarlo al territorio. Razza 77 era una varietà di qualità molto nota nel novarese, che vorremmo presentare come riso di questa zona, insieme agli agricoltori, ai ristoratori e alle istituzioni”.

Carnaroli, Roma, Baldo, Nerone e Kolorado completano la gamma dei risi che si possono acquistare presso il suo spaccio aziendale, insieme ad Artiglio, un riso a granello lungo e stretto che Fabrizio è orgoglioso di coltivare dagli anni ’90 come risposta italiana ai risi di importazione. Non produce tanto come gli altri risi ma è ottimo come contorno o primo piatto: il suo granello non si appiccica e resta sempre sgranato e gustoso.

Insomma il secondo modulo dei #Percorsidiriso ideati nel 2018 da Acquaverderiso non poteva trovare un’azienda migliore dove conoscere un tassello in più dell’incredibile e vasto mondo del riso. Il riso di qualità è il frutto di una serie di fortunati eventi che iniziano nei campi, proseguono in riseria e terminano in cucina. Grazie alla visita a Riso Rizzotti saremo ancora più attenti al riso che consumiamo e alla storia che lo ha portato fino al piatto.

Viva il riso italiano! Viva i risi di qualità!